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Vincenzooffline

  • 04/03/1977

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Chi sono

Viaf

Scittore

BREVE NOTA BIOGRAFICA

Arrighini Vincenzo in arte Viaf nasce a Genova nel 1977, dove a tutt’oggi scrive e lavora.

All’età di nove anni, dopo un primo avvenimento particolare, comincia a scrivere i suoi primi versi di poesia, spesso rifugiandosi per comporre, sotto la targa commemorativa di uno dei nostri più amati poeti, il Montale.

Nel corso degli anni, egli si imbatterà poi in alcune persone davvero speciali, donne e uomini che cambieranno radicalmente il suo modo di vedere l’Uomo ed il Creato.

Prima fu una giovane cartolaia di nome Irene, una ragazza dai modi pacati e dolci.

Fu lei a sostenere ed indirizzare quel piccolo imberbe poetucolo, nei suoi primi e tumultuosi anni di scrittura. Tuttavia il ragazzo imparò subito cosa la vita duramente intende come “distacco”; malauguratamente Irene fu strappata troppo presto all’affetto dei suoi cari e dei suoi amici, per mano di quella che oggi spesso si definisce: “La Malattia del Secolo”, un cancro.

Secondo fu un vecchio rimatore di nome Esparide, poeta saggio e conoscitore di leggende davvero rare e straordinarie, storie che a suo dire affondavano le radici nei più lontani miti del mondo.

Costui insegnò a quel giovane poeta di allora, qualcosa che lo rese in grado di vedere la Creazione ed il Creatore come mai li aveva visti prima.

Terzo venne poi un eclettico “Artista di Via” chiamato Claudio, più conosciuto col nome di Claud Matitik. Assieme i due crearono, sopra i tavoli silenziosi della Biblioteca Berio, più di duemila disegni a due mani, tutti imperniati sui miti che l’Arrighini elaborò a partire dagli straordinari racconti ereditati da quel suo primo maestro poeta.

Matitik, clochard distrutto dal rimorso e dalla strada, morì come avrebbe desiderato, in una biblioteca pubblica di Genova, mentre era intento a preparare dei disegni per i bambini di una scuola, gli stessi che nel giorno del suo funerale, invitati attorno al feretro dall’Arrighini, salutarono (con l’Asterium, fidata penna che il poeta aveva ricevuto in dono anni prima dallo stesso Claud) quel loro vecchio amico pittore, scrivendo pensierini e disegnando sul suo legno.

Fu proprio Vincenzo che assieme alla sua compagna di vita Pamela, e alla comunità della Chiesa di San Gottardo, si assunse l’onere di dare quindi a quel suo “Fratello d’Arte”, la serenità di una degna sepoltura presso il cimitero genovese della Biacca.

Quarto fu Roberto, uno straordinario giornalista e docente il quale, davvero abile scrittore, gli diede modo di arricchire la sua faretra, di molte nuove, acuminate ed utilissime fecce.

I due in breve divennero amici, instaurando così anche un proficuo rapporto culturale, teso ad analizzare ed approfondire l’origine e la natura profonda dell’anima poeta, intesa nella più grande prospettiva concernente i concetti filosofici di: “Evoluzione ed Espansione Dinamica dell’Essere” e “Consapevolezza”.

Quinto ed ultimo fu Antonio, l’eminente sacerdote di rito bizantino dell’eparchia di  Lungro (Cosenza).

Il Papàs Bellusci, è un noto Etnologo e giornalista che fu grande amico dello scomparso e stimato storico greco - albanese Aristeidis Kollias, senza dubbio il più importante studioso dell’origine degli Arvanites, popolo detentore di una delle lingue e culture più antiche del mondo, probabilmente derivanti dalla stessa Atlantis.

Fu proprio Antonio a tradurre in Arvanitico una delle opere dell’Arrighini, una breve poesia il cui titolo l’eminenza, straordinariamente tradusse con la stessa frase che Esparide utilizzava per descrivere il principio rettore della crescita naturale, e cioè il Rapporto Aureo, l’eccezionale elemento sorgente dalla famigerata “Sequenza di Fibonacci”.

Un numero questo che tutt’oggi viene normalmente accomunato allo sviluppo tipico delle conchiglie, oltre che alla crescita intrinseca di moltissime altre strutture naturali, uomo compreso.

Le parole che il Papàs utilizzò per tradurre quel titolo, Arrighini però le conosceva già molto bene, poiché come prima accennato, erano le stesse usate da Esparide per indicare il secondo di quelli che, per i fondatori di quelle mirabili leggende, erano i tre simboli cardine della Creazione; parole che trascritte in caratteri latini si possono ancora pronunciare attraverso la frase:

“I Mbledhur në Guaskë”,

e cioè il

 “Racchiuso nel Guscio”.

Per concludere è utile riferire che, per mezzo di un particolare metodo fonetico e musicale di composizione stilistica dei versi, l’Arrighini si è cimentato e si cimenta ancora nella produzione di nuovi poemi mitologici e di liriche che spesso affrontano temi sociali, scientifici ed umanistici.

 

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